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Chiesa di San Cristo

Brescia

Chiesa di San Cristo

Dove si trova

La Chiesa di San Cristo si trova in via Piamarta 9, una traversa di Via Musei tra Santa Giulia e il Teatro Romano

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L'interno della Chiesa di San Cristo a Brescia

LA CAPPELLA SISTINA DI BRESCIA

La Chiesa del Santissimo Corpo di Cristo, chiamata comunemente Chiesa di San Cristo, si distingue per la tranquillità suggerita dalla sua posizione (sulla salita che da via Musei conduce al Castello) e l’elegante scalinata che conduce alla facciata sobria dell’edificio.
Costruita nella seconda metà del Quattrocento, fa parte di un vasto monastero e comprendente tre chiostri.

E’ solo varcando il portone d’ingresso che ci si rende conto della straordinaria bellezza che la caratterizza: gli affreschi che adornano l’interno conferiscono al luogo un’atmosfera di pura emozione, tanto da meritare l’appellativo di ‘Cappella Sistina di Brescia‘ per la loro pregevolezza e ricchezza artistica, che ricordano il capolavoro di Michelangelo.

Chiesa e monastero sono oggi gestiti dai Padri Saveriani.

Storia

Nella seconda metà del Quattrocento, i Gesuati fondarono la chiesa e il monastero che avrebbero caratterizzato il panorama spirituale di Brescia. In questo periodo infatti si vide  un’espansione significativa dell’ordine, con la fondazione di numerosi conventi in tutta Italia, tra cui Milano, Roma, Livorno, Piacenza, Cremona e ovviamente Brescia stessa. 

La data di inizio dei lavori può essere collocata nel 1467, grazie alla generosa donazione di terreni da parte della prestigiosa famiglia Martinengo, una delle più importanti della città.

La decisione di orientare la chiesa lungo l’asse nord-sud, in contrasto con la tradizione che preferiva l’asse est-ovest, fu determinata principalmente da ragioni pratiche. Il terreno sul quale sorse la struttura, situato sul pendio del Colle Cidneo, rendeva difficile l’avvio di un cantiere secondo la disposizione tradizionale. Anche seguendo l’asse nord-sud, fu necessario sbancare parzialmente il colle, e nonostante ciò, il pavimento dell’abside risultò situato a tre metri al di sotto del livello del suolo esterno. Inoltre  la scelta dell’orientamento seguiva anche motivazioni prospettiche perche la direttrice da  Via Piamarta e Via Veronica Gambara, permetteva la vista della facciata della chiesa anche dall’’incrocio con Via Tosio Martinengo, alla distanza considerevole di quattrocento metri.

La chiesa fu consacrata nel 1501 e divenne chiesa gentilizia e luogo di sepoltura della famiglia Martinengo. Nonostante avesse già preso forma, la chiesa era ancora coperta da un tetto a capriate con travi a vista.

Nel 1565 , grazie a Fra Benedetto da Marone, pittore dei Gesuati, si cominciano a realizzare grandi cambiamenti all’interno della chiesa in vista di un nuovo progetto iconografico. Le capriate a vista del soffitto vengono coperte con una volta a costoloni e il tutto, assieme alle pareti, al presbiterio e all’abside, viene ricoperto con un vasto ciclo di affreschi.  Il  tema dominante é quello della salvezza che si attua attraverso il Corpo e il Sangue di Cristo, tema particolarmente sentito dalla spiritualità dei Gesuati. 

Anche il Romanino contribuisce alla decorazione della chiesa, realizzando un polittico per l’altare maggiore, andato perduto , e un affresco dell’Ultima Cena nel refettorio del monastero.

Nella prima metà del Cinquecento viene anche realizzato il grande Mausoleo Martinengo che fu allora collocato sulla parete sinistra della navata e che invece oggi è oggi conservato nel coro delle monache del Museo di Santa Giulia.

Nel  Seicento, per l’aumento delle vocazioni e la maggiore richiesta di celebrazioni fu affidato a Pietro Maria Bagnadore, architetto e pittore manierista, autore di numerose e importanti opere nel panorama cittadino, un grande progetto di ampliamento della  chiesa cui furono aggiunte le tre grandi cappelle sul lato est, decorate  con tele da lui stesso dipinte. 

L’ordine dei Gesuati venne  soppresso, con bolla di Papa Clemente IX il 7 dicembre 1668, lasciando il monastero privo di amministrazione. Il 7 giugno 1669,  sei mesi dopo la soppressione dei Gesuati, il complesso viene occupato dall’Ordine dei Frati Minori francescani che lo avevano acquistato dalla Repubblica di Venezia.

I Francescani restano fino al 1810 quando, in seguito alle soppressioni napoleoniche, l’ordine viene abolito e il convento sequestrato, trasformandosi in proprietà demaniale. Il complesso continuó ad ospitare i  religiosi che non avevano più familiari disposti ad accoglierli dopo la secolarizzazione dei conventi, l’ultimo dei quali fu Padre Arcangelo, ucciso per errore da un soldato croato durante le Dieci Giornate di Brescia nel 1859. La chiesa, invece, non fu mai secolarizzata poiché vi operavano due sacerdoti nominati direttamente dal vescovo.

Dopo la fine delle guerre napoleoniche, il governo austriaco cede il complesso al vescovo Gabrio Maria Nava. Quest’ultimo vi trasferisce parte del Seminario. Ma nel corso delle battaglie contro il dominio austriaco nella metà dell’Ottocento, il monastero viene occupato più volte dai soldati e  saccheggiato. La sua posizione strategica sul pendio del colle lo rende vulnerabile ai bombardamenti, rischiando danni durante i conflitti. Dopo la battaglia di San Martino e il grande afflusso di feriti, la chiesa del Santissimo Corpo di Cristo, come molte altre in città, viene trasformata in ospedale. Nel 1870, monsignor Pietro Capretti sposta l’Ospizio dei chierici poveri, precedentemente situato nell’attuale Corso Matteotti, al monastero di San Cristo.

Il monastero  viene ceduto ai Padri Saveriani nel 1957 mentre la chiesa è data loro in uso perpetuo, conservandone il Seminario la proprietà. 

Uno dei tre chiostri della chiesa di San Cristo

ESTERNO

La Chiesa del Santissimo Corpo di Cristo è una rarità cittadina, conservando quasi integralmente il suo aspetto originale sia esternamente che internamente. A differenza di molte altre chiese, non ha subito interventi di restauro radicale, mantenendo intatta la sua struttura, compresi gli affreschi rinascimentali e la facciata, unica a Brescia per la sua chiarezza architettonica e autenticità.

La struttura è principalmente in pietra, ad eccezione della facciata e del campanile che sono in mattoni. Tuttavia, la facciata presenta un zoccolo in marmo di Botticino nella parte bassa, con blocchi in parte provenienti dalla Piazza del Foro. Inoltre, nell’angolo destro della facciata, sono stati utilizzati come elementi di recupero delle formelle ottagonali del Capitolium, precedentemente adibite alla decorazione del soffitto della cella centrale del tempio (si tratta delle uniche formelle dei soffitti dell’antico Capitolium giunte fino a noi in blocchi così ben conservati e leggibili).

Il resto della facciata è costituito interamente da mattoni e presenta una cornice decorativa di archetti gotici polilobati in maiolica verde e gialla, risalente alla seconda metà del Quattrocento. Simili archetti decorativi corrono lungo i fianchi e l’abside, ma sono realizzati solo in cotto e non smaltati né colorati. Sopra il portale principale spicca un rosone circolare incorniciato da blocchi di marmo di Botticino e pietra grigia di Sarnico.

La facciata termina con una cornice in maiolica e tre pinnacoli in cotto. Il primo pinnacolo a sinistra ha perso la parte superiore originale, sostituita in seguito da travetti in ferro a ricordo della forma originaria. Sul lato libero della chiesa si trovano le tre cappelle aggiunte nel Seicento dal Bagnadore, di cui quella centrale con una cupola e lanterna. 

Procedendo verso l’abside, si notano le alte monofore originali del Quattrocento, alcune ancora aperte, ornate nella parte superiore da una cornice ad archetti polilobati in cotto. 

L’abside finale della chiesa ha una forma poligonale, sostenuta da spessi contrafforti sugli spigoli, continuamente seguiti dalla cornice di coronamento. Il campanile è composto per metà da pietra fino al tetto della chiesa, mentre il resto è in mattoni. La cella campanaria, realizzata in laterizio, è stata ricostruita in epoche successive e appare ben conservata grazie ai recenti restauri.

L'interno della Chiesa di San Cristo

Interno

L’interno della chiesa conserva un suggestivo aspetto gotico, con una navata unica di notevole altezza e ampiezza. Sullo sfondo, si erge uno spesso arco santo che incornicia il presbiterio, il quale si conclude con un’abside semicircolare.

Una caratteristica insolita è l’endonartece, un portico interno che sostiene la cantoria e l’organo, situato sulla parete opposta al portale d’ingresso. La copertura della navata è costituita da una volta a crociera continua, realizzata nel 1565 da Fra Benedetto da Marone, mentre il presbiterio e l’abside sono coperti da una volta a ombrello originariamente costruita alla fine del Quattrocento.

Nel lato destro della chiesa si aprono tre cappelle aggiunte da Pietro Maria Bagnadore nel Seicento, parzialmente nascoste da tendaggi. Al centro del fianco sinistro si nota uno spazio quadrato privo di affreschi, lasciato libero per il trasferimento del Mausoleo Martinengo nel 1883.

Sul lato destro, tra la seconda e la terza cappella, si trova il sepolcro di Pietro Capretti, trasferito qui nel 1934, mentre dietro al monumento si può ammirare il motivo a finto mattone che decorava la chiesa alla fine dell’Ottocento, ora conservato solo in questo punto dopo i lavori di recupero degli affreschi sottostanti.

L'organo dell'Antenati presente a San Cristo

L’ORGANO 

L’organo, installato nella cantoria sopra l’endonartece, è stato realizzato nel 1888 dalla ditta Inzoli di Crema. Questo organo fu preso in sostituzione di quello più antico, opera dell’Antegnati, venduto nel 1871 da Pietro Capretti per coprire in parte le spese di sistemazione del convento.

L’organo ha uno stile neogotico con pinnacoli, cornici e archetti polilobati, in sintonia con l’architettura esterna della chiesa. Le oltre mille canne si avvolgono intorno al rosone centrale, incorporandolo nella struttura dell’organo. La consolle comprende due tastiere da 56 tasti ciascuna, una pedaliera retta con 27 pedali e tiranti per i registri posizionati ai lati del leggio.

 

Il magnifico soffitto dipinto da Fra Benedetto da Marone

IL CICLO DI FRA BENEDETTO DA MARONE

Fra’ Benedetto da Marone, membro dell’ordine dei Gesuati, fu incaricato nel 1565 di ristrutturare l’interno della chiesa del Santissimo Corpo di Cristo. Decise di sostituire il vecchio tetto in legno a vista con una complessa volta a fitti costoloni e di decorare l’intero interno con affreschi. Sebbene fosse un periodo in cui si preferivano volte più moderne, Benedetto scelse di adottare motivi di carattere gotico, forse per rispettare la tradizione locale e per omaggiare le opere di Michelangelo, tra cui la Cappella Sistina a Roma.

Nel ciclo di affreschi, Benedetto si ispirò principalmente agli affreschi di Michelangelo, posizionando i dodici Apostoli nelle dodici losanghe laterali formate dai costoloni e raffigurando il Giudizio Universale sull’arco santo. Il tema centrale era Cristo Giudice sulle nubi, circondato dalla Vergine e da San Giovanni Battista. Il Giudizio Universale seguiva la canonica rappresentazione: i benedetti venivano portati in cielo dagli angeli sul lato sinistro, mentre i dannati erano spinti in basso dai demoni armati di tridenti sul lato destro.

Sulla volta, oltre agli Apostoli, ogni figura era accompagnata da un angelo recante il Libro della Parola di Dio, simboleggiando l’annuncio evangelico. Benedetto riportò i dodici Apostoli con le loro caratteristiche distintive, come le chiavi per San Pietro e la croce per San Andrea. Al centro dei dodici, nella losanga principale, campeggiava il trigramma di Cristo JHS su uno sfondo dorato con angeli. 

L’ultima losanga centrale e le due mezze successive, recano traccia di come la volta fu ridipinta alla fine dell’Ottocento per rimediare al degrado degli affreschi cinquecenteschi: a stelle dorate su fondo blu. Il frammento è stato lasciato intatto dai restauratori che hanno recuperato le pitture sottostanti nella seconda metà del Novecento, in rispetto della stratigrafia.

L'ingresso del Monastero di San Cristo

IL MONASTERO

 Il monastero adiacente alla chiesa comprende tre chiostri: uno piccolo sulla sinistra della facciata e due più grandi affiancati sempre sulla sinistra, completati dalle relative gallerie interne. Oltre al primo chiostro d’ingresso, c’è un ampio cortile utilizzato come parcheggio, con due edifici più recenti ma ancora parte del complesso. Il monastero si trova tra Via Piamarta e le mura interne del Castello di Brescia, con il cortile che si affaccia direttamente sul teatro romano, sebbene sia parzialmente nascosto da una fitta area alberata.

Il refettorio con l'Ultima Cena, dipinta dal Romanino

IL REFETTORIO E GLI AFFRESCHI DEL ROMANINO

Il refettorio del convento, dopo essere stato restaurato dai Padri Saveriani, è stato trasformato in un auditorium con una capienza di cento posti.
All’interno di questo spazio, si trova un’opera straordinaria: l’Ultima Cena dipinta dal maestro Romanino nel 1530. Questa rappresentazione iconica cattura il momento cruciale in cui Gesù annuncia il tradimento imminente, mentre gli Apostoli reagiscono in gruppi di tre, discutendo vivacemente.

Il Romanino, pur mantenendo il tema canonico di Leonardo da Vinci, imprime alla sua interpretazione una forte dose di indipendenza artistica. La sua preferenza per la naturalezza e l’equilibrio classico emerge chiaramente nell’opera. Osservando l’Ultima Cena, si può notare la cura meticolosa dei dettagli: la tovaglia è perfettamente disposta, e gli eleganti bicchieri e bottiglie per l’acqua e il vino aggiungono un tocco di raffinatezza all’ambiente.

Il talento del Romanino non si esaurisce nell’opera principale. Gli affreschi dei Profeti, che adornano gli archi laterali del refettorio, sono un’altra testimonianza del suo genio artistico. Purtroppo, questi affreschi hanno subito danni a causa dell’umidità, ma anche nella loro condizione attuale, trasmettono la potenza espressiva e la maestria tecnica del Romanino.

Curiosità

Il nome popolarmente diffuso della chiesa, cioè San Cristo, presenta in realtà un errore: la chiesa infatti non è dedicata a Cristo come persona, bensì al suo Santo Corpo e quindi all’eucaristia. L’unica denominazione corretta, quindi, resta quella ufficiale: Santissimo Corpo di Cristo.

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Orario

Da Lunedì a Domenica dalle 8 alle 20

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Costo

Gratuito

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Animali parzialmente ammessi

Animali ammessi nei chiostri

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Luoghi DI BRESCIA

La torre è icona e simbolo bresciano, uno dei monumenti più caratteristici della città con una storia unica.
Luogo storico e iconico di Brescia, che da secoli funge da accesso secondario al Castello di Brescia
Una piccola chiesetta con un aspetto unico che ricorda quello dei trulli.
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La Vittoria Alata

Brescia

La Vittoria Alata

Dove si trova

La Statua della Vittoria Alata si trova all’interno del Parco archeologico di Brescia romana Capitolium, in Via Musei

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La Vittoria Alata nella sua nuova collocazione al Capitolium

Simbolo di Brescia

La statua in bronzo della Vittoria Alata è il simbolo della città di Brescia. Fu cantata da Giosuè Carducci che la celebrò nell’ode Alla Vittoria, scritta per ricordare le imprese della città di Brescia durante l’insurrezione delle Dieci Giornate contro l’oppressione austriaca avvenuta tra il 23 marzo e il 1° aprile 1849. Fu ammirata anche da Gabriele d’Annunzio e da Napoleone III che ne vollero una copia. 

La Vittoria Alata è una delle opere più importanti della romanità per composizione, materiale e conservazione, e uno dei pochi bronzi romani proveniente da scavo giunti fino a noi.

Descrizione

La statua rappresenta una figura femminile di 191 cm di altezza realizzata in bronzo tramite la tecnica di fusione a cera persa.

La Vittoria Alata, la cui figura è volta leggermente verso sinistra indossa una tunica fermata sulla spalla (kiton) e un mantello (himation) che le avvolge le gambe.

La gamba sinistra lievemente sollevata, presumibilmente appoggiata sull’elmo di Marte. Sul capo è posta un’agemina d’argento e rame a cingerne i capelli.  

In seguito furono aggiunte le ali per trasformare l’opera nella dea Victoria, simile a opere presenti nei fori imperiali di Roma e Costantinopoli.

La Vittoria alata ammirata da D'Annunzio e Napoleone III

Storia

Inizialmente considerata di origine ellenistica, la Vittoria Alata fu successivamente riconosciuta come un pastiche romano ossia un’opera che deliberatamente imita lo stile di altri artisti.

Pprobabilmente realizzata dopo il 69 d.C., si ispirava a un originale presumibilmente creato a Rodi o ad Alessandria d’Egitto intorno al 250 a.C. Rappresentava un’immagine di Afrodite che si specchiava nello scudo di Ares, mantenendo una posa tipica dell’Afrodite Urania del “tipo Cirene”. Dettagli come la torsione del busto e la posizione delle braccia erano mutuati da opere greche del V-VI secolo a.C. 

Fu rinvenuta la sera del 20 luglio 1826, dopo essere stata nascosta per secoli nell’intercapedine occidentale del Capitolium tra il tempio e il Cidneo. Questo nascondiglio ha protetto l’opera, insieme ad altri pezzi bronzei, tra cui la famosa serie di ritratti, dalle incursioni delle popolazioni barbariche, come i Goti e gli Unni, che avrebbero potuto fondere il bronzo per fabbricare armi durante le loro invasioni e ne spiega il notevole stato di conservazione.

Durante la prima guerra mondiale, il governo italiano decise di trasferire l’opera a Roma per preservarla dalle possibili devastazioni del conflitto (decisione presa anche per molte altre opere d’arte e culturali, furono portate a Roma, lontano dalle linee del fronte, come misura precauzionale).

Al la fine del conflitto, il senatore Pompeo Gherard fu incaricato di assicurare il ritorno delle opere d’arte alle rispettive sedi d’origine e supervisionò personalmente il trasporto e il rientro della Vittoria Alata a Brescia, avvenuto con una cerimonia solenne nel mese di aprile del 1920. Questo evento ha segnato il ritorno trionfante dell’opera nella sua città d’origine, dove continua a essere un simbolo di orgoglio e identità per la comunità bresciana.

 
 

Il volto della Vittoria

Varie ipotesi sulla Vittoria Alata

La prima ipotesi riguardante la statua  suggerisce che potrebbe essere stata trasportata a Roma per volere di Augusto dopo la morte di Cleopatra nel 29 a.C. e successivamente donata a Brixia come atto di benevolenza politica, forse in concomitanza con il conferimento del titolo di Colonia Augusta alla città. 

Si ipotizza che la statua sia stata poi trasformata in Nike dopo la seconda battaglia di Bedriaco, segnando così l’affermazione di Marco Antonio Primo su Vitellio.

Successivamente però, ulteriori indagini eseguite mediante spettrofotometria XRF hanno rivelato la mancanza di significative difformità tra le ali e il corpo della statua, suggerendo che l’opera sia nata da un unico processo costruttivo anziché essere stata modificata successivamente.

La scultura è stata oggetto di analisi e studio interdisciplinare e nel luglio 2018 è iniziato il restauro affidato all’Opificio delle Pietre dure coadiuvato da incaricati  dell’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”. Dopo il restauro, conclusosi nel 2020, per la statua della Vittoria Alata è stata realizzata una nuova struttura nel Capitolium, progettata da Juan Navarro Baldeweg, e dotata anche di un nuovo basamento antisismico.

 

Vittoria nel suo nuovo spazio progettato dall'archiatra Baldeweg

Curiosità

La statua della Vittoria Alata reggeva uno scudo, andato perduto, su cui erano probabilmente incise le gesta di un illustre personaggio oppure la celebrazione di qualche vittoria.

Dopo il ritrovamento l’entusiasmo a Brescia era tale che la statua fu fatta sfilare, accompagnata dalla banda, fino al convento di San Domenico, considerato il centro della cultura dell’epoca.

 
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Orario

Dal martedì alla domenica 10-18

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Costo

15 Euro (inclusa Santa Giulia)

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Animali non ammessi

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Luoghi DI BRESCIA

La torre è icona e simbolo bresciano, uno dei monumenti più caratteristici della città con una storia unica.
Un gioiello di chiesa, mescolanza di epoche e stili nel centro storico di Brescia
Una piccola chiesetta con un aspetto unico che ricorda quello dei trulli.
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Monumenti e Piazze

Torre della Pallata

Brescia

TORRE DELLA PALLATA

La Torre della Pallata a Brescia

Dove si trova

Entrando in città da Piazza Garibaldi e percorrendo Corso Garibaldi, ci si trova di fronte la torre della Pallata, collocata all’incrocio tra Corso Mameli, Corso Garibaldi e via della Pace.

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La Torre della Pallata vista da Corso Mameli

La Torre della Pallata vista da Corso Mameli

Icona della città

La Torre della Pallata, un’icona della città e uno dei principali monumenti del periodo medievale, fu costruita  nel 1248, utilizzando i resti di edifici romani lungo le preesistenti mura medievali. La sua funzione era la difesa della porta di San Giovanni. 

Con i suoi imponenti 31 metri di altezza e una pianta quadrata di 10,6 metri, la torre ha svolto diverse funzioni nel corso dei secoli, tra cui deposito del tesoro comunale, magazzino annonario e prigione. 

La sua posizione strategica e la sua storia ricca di avvenimenti la rendono uno dei monumenti più affascinanti della città, testimone di epoche passate e delle trasformazioni urbanistiche avvenute nel corso dei secoli.

La Torre della Pallata da sotto

La Torre della Pallata da sotto

La torre

La torre della Pallata, nota anche come la Pallata, è un’imponente struttura medievale in mattoni alta circa 32 metri, situata nel centro storico di Brescia. Eretta nel 1254 nel quartiere bresciano di San Giovanni, presenta un basamento quadrato in pietra di Botticino e proteggeva la Porta di San Giovanni, un punto chiave della prima cinta muraria medievale di Brescia. È l’unica torre sopravvissuta di questa cinta muraria.

Durante il medioevo, la torre Pallata fu utilizzata anche come deposito per la cassa del Comune, testimoniato dal saccheggio del Tesoro del Monte di Pietà conservato al suo interno dopo l’assedio del 1311 di Enrico VII di Lussemburgo.

Nel XV secolo, furono aggiunti elementi ornamentali come un orologio nel 1461, merli in cotto e una torricella tra il 1476 e il 1481. Sul lato di corso Mameli è presente un bassorilievo raffigurante San Giovanni con il simbolo dell’aquila, mentre sul lato di via Pace si trova una scultura di San Apollonio vescovo. Sotto la cella campanaria si trova anche una piccola cappella.

Nella piazzetta adiacente, i banditori richiamavano i cittadini con le trombe per ascoltare le grida.

Origine del nome

Sull’’origine del nome esistono varie teorie. Probabilmente il nome Pallata deriva dal riferimento alla “palizzata” eretta come difesa oppure come fortificazione delle fondamenta in zone acquitrinose (in questo caso per contenere l’alveo del canale chiamato Dragone, che qui lambiva le antiche mura cittadine).   

Secondo un’altra teoria invece, nome “Pallata” potrebbe derivare dalla deformazione del nome Pallade, che si riferisce alla dea Atena, forse in relazione all’utilizzo di materiale di epoca romana per la sua costruzione.

La fontana della Torre della Pallata

le acque della Torre della Pallata

La fontana

La fontana su via Pace, realizzata nel 1596 da Antonio Carra su disegno di Pietro Maria Bagnatore, rappresenta Brescia sotto le sembianze di Pallade, dea della saggezza e della guerra nella mitologia greca. Pallade sovrasta e corona l’insieme, simboleggiando la ricchezza idrica del territorio bresciano.

Le due figure sdraiate possono essere interpretate come i fiumi Garza e Mella oppure come i laghi di Garda e Iseo, a seconda delle interpretazioni degli studiosi.

Orologio della Torre della Pallata

L'orologio della Torre della Pallata

Curiosità

Dalla Pallata partiva la corsa delle prostitute che si concludeva al ponte Mella nel quartiere S. Giacomo; una manifestazione abolita nel Quattrocento.

Un motto bresciano dice “El g’ha biìt l’aiva de la Palada” (ha bevuto l’acqua della Pallata) per indicare un bresciano autentico. La Pallata è infatti uno fra i monumenti più rappresentativi della città.

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Orario

sempre visibile

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Costo

Gratuito

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Luoghi DI BRESCIA

La montagna dei bresciani per eccellenza, il Guglielmo, o Golem, il suo nome originario derivante dal mostro antico

Il laghetto alpino incastonato tra l’Adamello e Vezza d’Oglio

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Torre dell’Orologio e Macc de le Ure

Brescia

TORRE DELL'OROLOGIO
E MACC DE LE URE

La TORRE E I MACC DE LE URE

UBICAZIONE

La Torre dell’Orologio con i suoi Macc de le Ure, un’iconica struttura nel cuore di Brescia, si erge maestosa nella suggestiva Piazza della Loggia, uno dei luoghi più vivaci e storici del centro città.

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La torre con l'orologio astronomico sovrastata da i macc de le ure

STORIA

Eretta tra il 1540 e il 1550 su progetto dell’architetto bresciano Lodovico Beretta, la Torre dell’Orologio ha una storia ricca di avvenimenti e trasformazioni. Uno dei momenti salienti della sua storia è il completamento del complesso orologio astronomico meccanico tra il 1544 e il 1546 da parte di Paolo Gennari da Rezzato. Questo strumento, che ha sostituito un precedente orologio dismesso nel 1543, è stato un punto di riferimento essenziale per la vita quotidiana e il tessuto sociale della città nel corso dei secoli.

Caratteristiche

La Torre dell’Orologio non è solo un monumento architettonico, ma un simbolo vivente della storia e della cultura di Brescia. Dotata di due quadranti, uno rivolto verso Piazza della Loggia e l’altro verso via Beccaria, l’orologio regola il ritmo della vita cittadina con precisione e maestria. La presenza di automi in rame, conosciuti come “Macc de le ure“, aggiunge un tocco di fascino e mistero a questa straordinaria struttura.

Il quadrante dell'orologio

Il quadrante

Uno degli elementi più affascinanti della Torre dell’Orologio di Brescia è il suo complesso quadrante, che rappresenta un capolavoro di ingegneria e design astronomico.

 

Precisione e Maestria: Il quadrante dell’orologio, realizzato nel 1547 da Gian Giacomo Lamberti, si distingue per la sua precisione e maestria tecnica. Ogni dettaglio è stato curato con scrupolosa attenzione per garantire un’esatta misurazione del tempo.

Sistema Orario “all’italiana”: Originariamente basato sul sistema orario “all’italiana“, il quadrante rifletteva le concezioni astronomiche dell’epoca, con le ore 24 che iniziavano al tramonto del Sole. Questo approccio non solo regolava il ritmo della vita quotidiana, ma anche il movimento celeste, con la lancia delle ore che riproduceva il percorso del Sole durante il giorno.

Riforma del 1786: Nonostante le sue radici antiche, il quadrante dell’orologio ha subito cambiamenti nel corso dei secoli. Con la riforma del 1786, l’orologio è stato regolato secondo l’ora “alla francese“, con le ore 24 fisse alla mezzanotte. Questo cambiamento ha reso l’indicazione del tempo più uniforme, ma ha comportato la perdita della correlazione simbolica con il movimento del Sole.

Interpretazione Astronomica e Astrologica: Oltre a indicare l’ora, il quadrante offre una visione affascinante del cosmo, con sezioni rotanti che rappresentano la Luna, il Sole e lo Zodiaco. Questo permetteva una lettura non solo del tempo, ma anche delle fasi lunari e delle condizioni astronomiche, considerate importanti per interpretare la propiziità delle attività umane e dei rapporti interpersonali.

Il quadrante dell’orologio sulla Torre dell’Orologio di Brescia non è solo un elemento funzionale, ma anche un’opera d’arte che testimonia la complessità e la bellezza dell’astronomia e dell’ingegneria rinascimentale.

Tone e Batista, noti come I Macs de le Ure

Tone e BatIsta: Gli Automi della Torre dell’Orologio

Tra le caratteristiche più emblematiche della Torre dell’Orologio di Brescia si trovano i due affascinanti automi in rame, conosciuti affettuosamente come Tone e Batista, ma più comunemente noti come i “Macc de le ure“.

Personaggi Iconici: Tone e Batista sono diventati veri e propri simboli della città di Brescia nel corso dei secoli. Questi due automi, rappresentanti due uomini dotati di martello, hanno affascinato e intrattenuto generazioni di cittadini e visitatori con il loro compito di battere i rintocchi orari sulla campana della torre.

Storia e Leggenda: La storia di Tone e Batista è avvolta nella leggenda e nel folklore bresciano. Sebbene le loro origini esatte siano incerte, si sa che sono stati installati con la campana nel 1581 e che da allora hanno continuato a svolgere fedelmente il loro compito di segnare il trascorrere delle ore nella piazza.

Ispirazione Artistica: Oltre a essere una presenza funzionale, Tone e Batista hanno ispirato opere letterarie, dibattiti pubblici e persino giornali locali nel corso dei secoli. La loro presenza sulla Torre dell’Orologio aggiunge un tocco di magia e poesia al panorama urbano di Brescia.

Affetto della Comunità: La comunità bresciana ha dimostrato nel tempo un profondo affetto per Tone e Batista, celebrandoli nelle tradizioni locali e nei racconti popolari. Nel 1974 a seguito dell’esplosione avvenuta nell’attentato di Piazza della Loggia il loro meccanismo di funzionamento si è fermato, e solo nel 1980 dopo un restauro sono tornati a battere le ore. 

Tone e Batista sono molto più di semplici automi: sono custodi del tempo e custodi della memoria di Brescia, incarnando lo spirito unico e affascinante di questa città storica. La loro presenza sulla Torre dell’Orologio continua a suscitare meraviglia e ammirazione, rendendo la visita a questo monumento ancora più memorabile per residenti e visitatori.

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Orario

Sempre aperto

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Costo

Gratuito

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Luoghi DI BRESCIA

La montagna dei bresciani per eccellenza, il Guglielmo, o Golem, il suo nome originario derivante dal mostro antico

Il laghetto alpino incastonato tra l’Adamello e Vezza d’Oglio

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Strada del Soccorso del Castello di Brescia

Brescia

STRADA DEL SOCCORSO
CASTELLO DI BRESCIA

LA STRADA DEL SOCCORSO

Dove si trova

La Strada del Soccorso unisce Via Pusterla con il Castello di Brescia e il suo ingresso si trova a pochi minuti a piedi dal centro storico della città.

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STORIA

La storia della “strada del soccorso” a Brescia è certamente ricca di eventi tragici e ironici. Questo percorso, pensato in origine per portare soccorso ai soldati del castello in caso di assedio, ha invece visto il suo nome diventare ironico per i bresciani in due occasioni cruciali della storia della città.

Nel 1512, durante l’assedio condotto da Gastone di Foix, nipote del re Luigi XII di Francia, la strada del soccorso fu utilizzata contro la città stessa. Gastone di Foix ingannò i difensori della città per conquistare il castello e, una volta dentro, mise a ferro e fuoco le strade, le case e le chiese di Brescia, portando distruzione anziché soccorso.

Anche durante l’assedio del 1849, la “strada del soccorso” fu sfruttata dai nemici della città. Mentre i bresciani si battevano eroicamente durante le Dieci Giornate contro gli austriaci, il generale Haynau, con l’inganno e la presunta complicità di traditori locali, riuscì a raggiungere la guarnigione austriaca nel castello attraverso questa via. Questo permetteva agli austriaci di continuare il loro attacco contro la città, nonostante la resistenza eroica dei bresciani.

Caratteristiche

Oggi, la Strada del Soccorso rappresenta non solo un importante sito storico, ma anche un suggestivo percorso che offre ai visitatori l’opportunità di esplorare la storia e l’architettura del Castello di Brescia. Con i suoi 210 metri di lunghezza, di cui quasi 60 in galleria sotterranea, e i 50 metri di dislivello, questo percorso offre un’esperienza unica che collega il Giardino Botanico della Montagnola al Piazzale della Locomotiva all’interno del castello.

la galleria

La galleria della Strada del Soccorso

UNA MERAVIGLIA TECNICA E ARCHITETTONICA

La Strada del Soccorso rappresenta davvero una meraviglia storica di Brescia, testimoniando la maestria architettonica e l’ingegnosità militare dei suoi costruttori nel XV secolo, la famiglia Visconti. Questo percorso, concepito per garantire un collegamento vitale con il Castello in caso di necessità, riveste un ruolo fondamentale nella storia della città.

La struttura della Strada del Soccorso presenta un interessante contrasto tra il tratto inferiore, una lunga scalinata a cielo aperto, e quello superiore, che procede in galleria con soffitto a volta di altezza variabile. Questa disposizione permetteva un accesso più sicuro e discreto al Castello, offrendo protezione agli abitanti durante le emergenze.

La presenza di un doppio ponte levatoio rendeva praticamente inaccessibile la Strada del Soccorso agli invasori, dimostrando l’attenzione alla difesa e alla sicurezza dei difensori del Castello. Tuttavia, nonostante le sue misure di protezione, la Strada del Soccorso è stata teatro di sanguinose battaglie nel corso della storia di Brescia.

Il tratto inferiore e la lunga scalinata in trincea

Il giardino della Montagnola

Ai piedi della Strada del Soccorso si trova si trova il Giardino della Montagnola, che di fatto ne rappresenta il tratto iniziale da Via Pusterla, al Bastione dove inizia la Strada del Soccorso vera e propria. Un incantevole giardino botanico accessibile al pubblico. All’interno dei circa 12000 mq del parco, sono stati ricreati gli ambienti tipici delle colline circostanti, offrendo ai visitatori una varietà di paesaggi naturali da esplorare. Tra prati, macchie boschive, zone umide e pietraie, gli ospiti possono immergersi nella bellezza della natura e scoprire una vasta gamma di piante autoctone.

Tra le specie presenti nel giardino botanico, spiccano il castagno, il carpino bianco, il carpino nero e la quercia, che conferiscono al parco un’atmosfera tipica delle colline bresciane. Il ruscello che attraversa il castagneto contribuisce al mantenimento di un microclima fresco e umido, favorendo la crescita delle felci e creando un ambiente ideale per il riposo e il relax.

Il pendio a nord-ovest della Montagnola, ai piedi del Bastione del Soccorso, ospita una varietà di ginepri, arricchendo ulteriormente la diversità vegetale del parco. Complessivamente, sono stati piantati 175 alberi ad alto fusto, circa 300 cespugli e oltre 3000 piante erbacee, creando così un ambiente ricco di vita e di colori.

il giardino

Il Giardino della Montagnola

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Orario

dalle 8 alle 20

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Costo

Gratuito

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Luoghi DI BRESCIA

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Monumenti e Piazze

San Faustino in Riposo – La Chiesa che sembra un trullo

Brescia

SAN FAUSTINO IN RIPOSO

LA CHIESA DI SAN FAUSTINO IN RIPOSO

Dove si trova

La chiesa di San Faustino in Riposo si trova a Brescia in Via Porta Bruciata, la stradina che, guardando l’orologio di piazza Loggia, sale alla sinistra passando sotto l’omonima porta. L’ingresso è una porticina piccola sulla sinistra

Qui trovate il link per raggiungerlo con Mappe Apple o con Google Maps

L'ingresso di San Faustino in Riposo

L'ingresso della Chiesa di San Faustino in Riposo

Scorcio suggestivo

Costruito nel XII secolo come santuario votivo, S. Faustino in Riposo ( nota anche come chiesa di Santa Rita) ha una forma esterna caratteristica a cono. Il vicoletto che mostra l’esterno dell’edificio offre uno dei numerosi e affascinanti angoli della Brescia medievale, spesso poco conosciuti ma sempre meravigliosi da scoprire.

Tra storia e leggenda

La struttura originaria dell’edificio risale all’VIII-IX secolo, quando una primitiva cappella (a sua volta costruita sui resti di un tempio romano dedicato a Diana) occupava il sito. Nel XII secolo, l’edificio fu distrutto da un incendio e successivamente ricostruito come il santuario che vediamo oggi. 

Il nome “in Riposo” deriva dalla leggenda che i corpi dei santi Faustino e Giovita, durante il loro trasferimento dalla chiesa di San Faustino ad Sanguinem a quella di San Faustino Maggiore, abbiano sostato temporaneamente qui, dove si dice abbiano miracolosamente trasudato sangue, convertendo il duca Namo di Baviera. Sempre secondo la leggenda, durante la traslazione avvennero due miracoli: la guarigione di uno storpio e di un nobile.

Dopo questi eventi, il duca (di cui mai si è confermata l’esistenza storica) donò le reliquie della Vera Croce all’abate di San Faustino, ora conservate nel Duomo Vecchio. L’interno del santuario fu completamente ristrutturato tra il Settecento e l’Ottocento.

 
l'esterno della chiesa e la sua forma a trullo

La Chiesa vista dall'esterno con la sua tipica forma a "Trullo"

Esterno

S. Faustino in Riposo è una chiesa con un’architettura misteriosa e unica, situata presso Porta Bruciata, a Brescia. L’accesso avviene dal portico della porta sul lato nord, con una porta comune senza decorazioni. 

Esternamente, la chiesa si presenta come un corpo cilindrico in pietra con contrafforti, sormontato da un tetto a tronco di cono rivestito di mattonelle in cotto e una celletta campanaria con bifore, coronata da un tetto conico. È visibile da uno slargo chiamato Casolte, vicino al lato nord della porta Bruciata, ma è compressa tra edifici residenziali medievali a est e nord, la Porta Bruciata a sud e le ultime mura trecentesche a ovest, rendendola visibile solo dal vicolo che conduceva all’antico accesso.

l'interno della chiesa di San Faustino in riposo

L'interno della Chiesa di San Faustino in Riposo

Interno

All’interno, con una pianta ovoidale, si trovano otto paraste con semicolonne in pietra, ridotte a sei con la realizzazione dell’attuale abside, che funge da contrafforti per la parte bassa dell’edificio. L’unico altare centrale è decorato da una tela di Domenico Romani raffigurante la Madonna con Gesù e i Santi Faustino e Giovita.

 
interno san Faustino in riposo

L'ingresso e sullo sfondo Santa Rita

Curiosità

La struttura della chiesa di San Faustino in Riposo presenta uno stile architettonico distaccato dalla tradizione locale, con influenze che richiamano sia i trulli pugliesi che l’architettura tirolese, conferendo alla chiesa un aspetto unico e affascinante, apprezzato dai turisti e avvolto da una leggenda che ne amplifica il mistero.

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Orario

Dal lunedì al sabato 10-13 15-18

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Costo

Gratuito

animal
Animali non ammessi

Solo guide non vedenti

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Monumenti e Piazze

Piazzetta Tito Speri

Brescia

PIAZZETTA TITO SPERI

PIAZZETTA TITO SPERI E STATUA DI TITO SPERI

Dove si trova

Nel cuore del centro storico di Brescia,a pochi metri da piazza Paolo VI, ai piedi della collina che conduce al Castello, si apre una piccola piazza, la Piazzetta Tito Speri. 

Qui trovate il link per raggiungerlo con Mappe Apple o con Google Maps

Piazza Tito Speri

Una veduta di Piazzetta Tito Speri

UNA PIAZZA STORICA MA VIVACE

Circondata da alberi e panchine, sorge un’imponente scultura dedicata al celebre patriota italiano di origini bresciane, noto per il suo coraggio durante la battaglia delle Dieci Giornate di Brescia. Questo monumento, risalente al 1888, rappresenta un simbolo tangibile della storia e dell’identità della città

La piazza ospita anche una suggestiva fontana in pietra, adornata da un affresco raffigurante un guerriero a cavallo con lo scudo recante il simbolo della Leonessa, emblema di Brescia.

Oggi la piccola piazzetta é sempre molto frequentata sia perché punto di passaggio per arrivare a piedi da Piazza Loggia al Castello sia per la presenza di localini e bar molto frequentati.

Il monumento a Tito Speri

La Statua a Tito Speri

Storia

La statua di Tito Speri, realizzata dallo scultore Domenico Ghidoni, venne ufficialmente inaugurata il 2 settembre 1888. Questo evento fu reso possibile grazie ai finanziamenti provenienti da una sottoscrizione pubblica organizzata dalla “Società Reduci delle Patrie Battaglie”. 

In concomitanza con l’inaugurazione della statua di Speri, l’amministrazione comunale fu sollecitata a rinnovare completamente gli spazi circostanti. Questo cambiamento avrebbe trasformato l’area dell’antica piazza dell’Albera nella successiva Piazza del 1849, successivamente rinominata Piazzetta Tito Speri in onore della presenza della statua stessa.

Per garantire il successo dell’evento, fu diffuso un manifesto speciale sia in città che in provincia, con l’obiettivo di coinvolgere il maggior numero possibile di partecipanti. Inoltre, furono preparate decorazioni speciali nella piazzetta, inclusi bandiere, stemmi, mazzi di fiori e corone con i nomi dei protagonisti delle dieci giornate. 

Durante la cerimonia inaugurale, i reduci dell’evento e altri eroi e rappresentanti delle battaglie risorgimentali presero parte alla celebrazione, rendendo l’evento ancora più significativo

Il monumento a Tito Speri

La Statua vista da Via Musei

DESCRIZIONE

La statua di Tito Speri, situata nella piazzetta, riflette l’influenza della corrente verista, evidente nella sua forte componente realista e nell’espressività della figura. La mimica del volto e il gesto della mano, che indica la strada verso il castello e quindi la battaglia  con dinamismo e sprezzo, conferiscono alla scultura un’intensità particolare. Infatti Speri, con gesto deciso, addita al popolo bresciano la necessità di salire alla fortezza in cui erano asserragliati gli austriaci, attraverso la salita di Ognissanti, ora chiamata Via delle Barricate. 

La base in marmo di Botticino, progettata da Antonio Tagliaferri, presenta quattro targhe votive commemoranti le gesta e gli eventi legati alle Dieci Giornate di Brescia.

Sul fronte del monumento è incisa la dedica “A Tito Speri 1849”.

Sul fianco destro, invece, segue:

«INSURREZIONE BRESCIANA DAL XXII MARZO AL II APRILE MDCCCXLIX 
ESECUZIONE CAPITALE DI TITO SPERI III MARZO MDCCCLIII»

Mentre sul retro del basamento:

«PRIMO COLL’ARMI NEI DISPERATI CIMELI 
DELLA DECADE BRESCIANA 
SUGLI APERTI CAMPI 
SULLE INSANGUINATE VIE 
PRIMO NELLE SEGRETE ACCOLTE DELLE CONGIURE 
ARDIMENTOSO TENACE IMPLACABILE 
CONTRO LA TIRANNIDE DELL’AUSTRIA 
GLORIOSO RIBELLE 
CON ESECRATA SENTENZA 
CONDANNATO AD UN’IMMATURA MORTE»

Sul lato sinistro:

«I COMMILITONI 
REDUCI DALLE BATTAGLIE NAZIONALI 
I NOVELLI CITTADINI DI BRESCIA LIBERA 
ERESSERO NELL’ANNO MDCCCLXXXVIII»

La fontana del Tagliaferri

La fontana del Tagliaferri

La fontana

Eretta nel 1885 da Tagliaferri, la fontana sfrutta materiali lapidei provenienti dal monastero dei santi Cosma e Damiano, distrutto tempo prima. L’architetto si ispirò allo stile medievale per la sua creazione, che incorpora un’arca funeraria del XII secolo appartenente al Vescovo paleocristiano San Tiziano. Quest’arca è coperta da una tettoia marmorea sostenuta da due colonnine con capitelli pseudocorinzi del XV secolo. Sotto la tettoia, uno stemma dipinto a fresco, purtroppo oggi quasi illeggibile, completa l’opera.

 
Iscrizione sulla Statua a Tito Speri

Il basamento della statua

Curiosità

Nel 1852, Tito Speri fu arrestato e torturato per aver formato un comitato insurrezionale a Brescia. Le prove per condannarlo a morte furono fornite da un traditore che voleva salvarsi la vita. Il 3 marzo 1853, Speri salì coraggiosamente sul patibolo a Mantova, insieme a due altri condannati. A soli 27 anni, affrontò la morte con dignità, ma le autorità austriache resero ancor più meschina la sua fine negandogli una sepoltura in terra consacrata e inviando alla madre una nota delle spese per l’impiccagione del figlio.

 
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Orario

sempre visibile

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Costo

Gratuito

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Animali sempre ammessi

Luogo liberamente accessibile

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Monumenti e Piazze

Monumento alla Bella Italia

Brescia

BELLA ITALIA

Il monumento alla bella italia

Dove si trova

Il Monumento alla Bella Italia, noto anche come Monumento ai Caduti delle Dieci giornate di Brescia si trova nella diramazione nord-est di piazza della Loggia.

Qui trovate il link per raggiungerlo con Mappe Apple o con Google Maps

Il monumento alla Bella Italia

Il monumento visto da Piazza Loggia

Storia

Il monumento alla Bella Italia fu realizzato per sostituire la colonna originale, eretta tra il 1454 e il 1455, che aveva un leone di san Marco sulla sommità. Questa colonna era stata un simbolo del dominio della Repubblica di Venezia su Brescia.

Tuttavia, nel 1797, la colonna fu demolita a seguito degli eventi che portarono alla caduta della Serenissima e alla formazione della Repubblica Bresciana. Il leone sulla sommità fu abbattuto e distrutto. La colonna rimase sul luogo fino al 1821, quando fu demolita durante alcuni lavori. Il monumento alla Bella Italia, quindi, fu eretto nel 1864 per riempire lo spazio vuoto lasciato dalla demolizione della colonna originale.

Il monumento commemorativo agli insorti bresciani fucilati dagli Austriaci nel 1849 era stato originariamente pensato per essere eretto alle pendici del castello di Brescia, dove avvenne l’esecuzione. Tuttavia, in seguito si scelse di collocarlo in piazza della Loggia per due motivi principali: primo, per commemorare il luogo in cui ebbe inizio la rivolta durante le Dieci giornate di Brescia; secondo, per la maggiore frequentazione della piazza, che lo rendeva più accessibile al pubblico. 

Il monumento, realizzato dallo scultore bresciano Giovanni Battista Lombardi, fu inaugurato il 21 agosto 1864 con un evento solenne e formale, caratterizzato da grandi omaggi e riconoscenza al re Vittorio Emanuele II che lo aveva finanziato.

Iscrizione alla base del monumento alla Bella Italia

L'iscrizione alla base del monumento

DEscrizione

Il monumento è costituito da un basamento ottagonale in marmo di Botticino, diviso in due parti separate da un cornicione decorato con formelle scolpite che narrano episodi dell’insurrezione. 

Sui quattro lati del basamento sono raffigurati, in bassorilievo, importanti eventi dell’insurrezione popolare del 1849 a Brescia:

La barricata eretta in piazza San Barnaba il 31 marzo 1849, con insorti bresciani da un lato e soldati austriaci guidati dal generale Nugent dall’altro.

Gli scontri del 27 marzo 1849 presso porta Torrelunga, con insorti che combattono contro i croati mentre alcune donne curano i feriti.

Le fucilazioni di insorti bresciani presso il castello cittadino, rappresentate in bassorilievo con il ponte levatoio e la porta d’ingresso del castello.

Il trasferimento delle ossa dei martiri delle fosse comuni dal castello al cimitero monumentale della città, avvenuto il 1º aprile 1861, con un carro trainato da cavalli, un’urna e statue oranti, circondati da cittadini e bersaglieri schierati.

La statua sulla sommità  del Monumento  raffigura una figura femminile che può simboleggiare l’Italia, la città di Brescia o la libertà stessa. Indossa una lunga tunica e tiene sotto il braccio sinistro un grande stendardo ripiegato, mentre nella mano destra tiene dei tralci di vite. 

Tra il basamento e la statua vi è un basso plinto con due iscrizioni. L’iscrizione sul fronte commemora l’insurrezione popolare contro l’occupazione austriaca durante i Dieci Giorni di Brescia, mentre quella sul retro attesta il dono di Vittorio Emanuele II in riconoscimento dell’eroismo del popolo insorto.

Il volto del monumento alla Bella Italia

La sommità del monumento, con il volto della statua

Curiosità

Un tempo il basamento del Monumento alla Bella Italia era circondato da una recinzione metallica di cui non vi è più traccia. Probabilmente fu rimosso ai tempi della grande Guerra quando tutti i metalli disponibili furono recuperati per usi bellici 

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Orario

sempre visibile

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Costo

Gratuito

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Animali ammessi

Il monumento è liberamente accessibile

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Luoghi DI BRESCIA

La montagna dei bresciani per eccellenza, il Guglielmo, o Golem, il suo nome originario derivante dal mostro antico

Il laghetto alpino incastonato tra l’Adamello e Vezza d’Oglio

A 2200 metri, rappresenta la porta naturale del Parco Adamello e la più classica salita al ghiacciaio Pian di Neve

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Monumenti e Piazze

Duomo Vecchio di Brescia

Brescia

IL DUOMO VECCHIO

Il duomo vecchio

Dove si trova

Il Duomo Vecchio di Brescia si trova nella centralissima Piazza Paolo VI, chiamata oggi prevalentemente con l’antico nome di Piazza Duomo

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La rotonda del Duomo Vecchio vista dall'alto

L'interno del Duomo Vecchio, noto anche come "La Rotonda"

il duomo, un gioiello bresciano

Il Duomo Vecchio di Brescia, noto anche come la “Rotonda”, rappresenta un autentico gioiello della città, caratterizzato da una mescolanza di stili ed epoche.

Costruito a partire dal 1100 da una Corporazione di muratori specializzati, questo tempio romanico circolare ospita una ricca varietà di opere d’arte e testimonianze storiche. Tra le principali attrazioni vi è il sarcofago di Berardo Maggi, esemplare di scultura romanica in marmo rosso, e il monumento funebre del vescovo Balduino Lambertini da Bologna, realizzato nel 1349 da Bonino da Campione.

Il Duomo Vecchio vanta anche un altare maggiore del XIV secolo, il coro e l’organo di Giangiacomo Antegnati della metà del XVI secolo. All’interno della chiesa, si possono ammirare affreschi della seconda metà del XIII secolo e opere di artisti rinomati come il Romanino, il Moretto, Palma il Giovane, Grazio Cossali e Antonio Gandino. 

Nel transetto sono visibili frammenti della precedente basilica del VI secolo e di un impianto termale romano sotto il pavimento, mentre la cappella delle Sante Croci custodisce reliquie preziose, tra cui frammenti della Vera Croce, protette in una cassaforte insieme ad altre importanti reliquie. Infine, la Cripta di San Filastrio, situata sotto il Duomo Vecchio, è aperta alle visite e appartiene alla primitiva basilica dell’VIII secolo. 

Le finestre del Duomo Vecchio sono caratterizzate da una serie di coppie di finestre arcuate, con cornici a tripla strombatura, distribuite sia nella parte inferiore che in quella superiore della struttura

Vista a 360° dall’interno del Duomo Vecchio

ESTERNO

Il Duomo vecchio di Brescia presenta una struttura romanica con blocchi regolari di marmo di botticino e monofore disposte su tre livelli, oltre a lesene decorative e un fregio a denti di sega. L’ingresso principale, aperto nel 1571, sostituì un ingresso inferiore interrato. Il campanile originale crollò nel 1708 a causa di un ingrandimento del portale nel Seicento. Restauri successivi hanno cercato di restituire all’edificio il suo aspetto romanico originale, incluso il ripristino delle monofore. La parte retrostante del Duomo mostra gli ampliamenti praticati nei secoli, inclusi quelli cinquecenteschi e il campanile costruito nel Settecento dopo il crollo del campanile originario.d

La rotonda del Duomo Vecchio vista dal basso

Il cuore del Duomo Vecchio

Storia

Il Duomo Vecchio di Brescia, costruito nel XII secolo sui resti di una basilica del VI secolo e successivamente ampliato nel XIII secolo su iniziativa del vescovo Bernardo Maggi, ha subito significativi lavori nel XV secolo, sotto la guida dell’architetto Bernardino da Martinengo. Questi interventi includono l’ampliamento delle cappelle maggiore e delle Sante Croci, con importanti contributi artistici di Gasparo da Cairano .

Dopo gli eventi del Sacco di Brescia nel 1512, il comune investì nella decorazione della cattedrale di S. Maria Assunta, con opere come le ante dell’organo realizzate da Floriano Ferramola e del Moretto, sostituite in seguito da quelle di Romanino. Nel 1571, Giovan Maria Piantavigna avviò una ristrutturazione secondo i dettami controriformistici, includendo l’apertura dell’accesso sopraelevato e il restauro delle cappelle.

Il duomo vecchio  ha però una storia che risale all’età romana, con vani che presumibilmente facevano parte di un edificio termale del I-III secolo d.C. Nel IV-V secolo, è stata inserita la cattedrale paleocristiana minore, utilizzando le murature romane e gli ipocausti. 

Successivamente la chiesa paleocristiana  è stata ricostruita in una forma monumentale, diventando una rotonda a “doppio guscio”. Questa trasformazione potrebbe essere stata avviata da Adelmanno (1057-1087) e completata successivamente, riflettendo un’interpretazione enfatica e deliberata dell’architettura romana.

 
La cripta al duomo vecchio

La cripta di San Filastrio, facente parte della basilica del VI secolo

curiosità

Questa targa  ricorda  Niccolò Fontana, un ragazzo che, per fuggire ai soldati durante gli eccidi del 1512 si rifugiò nel Duomo Vecchio. Qui venne colpito al capo e al volto, tanto da non poter più parlare fluentemente ma solo balbettare. Per questo motivo egli, destinato a  diventare sommo matematico, fu chiamato Niccolò Tartaglia e con tale soprannome passò alla storia.  

La lapide per Tartaglia al Duomo Vecchio

La targa a ricordo di Niccolò Tartaglia

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Orario

Dalle 8 alle 20

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Gratuito

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Luoghi DI BRESCIA

La montagna dei bresciani per eccellenza, il Guglielmo, o Golem, il suo nome originario derivante dal mostro antico

Il laghetto alpino incastonato tra l’Adamello e Vezza d’Oglio

A 2200 metri, rappresenta la porta naturale del Parco Adamello e la più classica salita al ghiacciaio Pian di Neve

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Monumenti e Piazze

Duomo Nuovo di Brescia

Brescia

DUOMO NUOVO

Il Duomo nuovo di Brescia

Dove si trova

In piazza Paolo IV (già Piazza Duomo) nel cuore del centro di Brescia 

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La facciata esterna del Duomo Nuovo

CARATTERISTICHE

Il Duomo Nuovo è un edificio che si distingue per la sua storia di costruzione prolungata, estendendosi per circa 230 anni. Questa lunga durata della fabbrica ha contribuito a creare una struttura architettonica e decorativa che, nonostante la coerenza generale, rivela una fusione di stili. 

All’interno e soprattutto sulla facciata, si può notare una mescolanza di elementi barocchi e neoclassici. Questa commistione di stili dà origine a un’interpretazione unica, dove il barocco si stempera con l’eleganza neoclassica, risultando in un edificio che sembra iniziare con un gusto barocco e finire con uno stile neoclassico.

La Navata centrale del Duomo

LA CATTEDRALE DI BRESCIA

Il Duomo nuovo di Brescia, o cattedrale estiva di Santa Maria Assunta, è un capolavoro dell’architettura sacra. La sua costruzione è iniziata nel 1604, su progetto dell’architetto bresciano Giovanni Battista Lantana, e si è protratta fino al 1825, coinvolgendo diversi architetti e artisti nel corso dei secoli. La sua posizione, nella piazza Paolo VI, ne fa uno dei fulcri della vita cittadina.

Eretto sul sito della precedente basilica paleocristiana di San Pietro de Dom, il Duomo nuovo rappresenta un mix di stili architettonici, che vanno dal tardo Rinascimento al Neoclassicismo. La sua imponenza e la ricchezza artistica al suo interno lo rendono una tappa imprescindibile per chi visita Brescia.

IL PROGETTO INIZIALE

La storia della cattedrale inizia nel 1603 quando Agostino Avanzo propone la costruzione di un nuovo edificio religioso al posto dell’antica basilica paleocristiana di San Pietro de Dom ormai pericolante.

Dopo che i suoi primi progetti vengono scartati per non essere in linea con le direttive della Controriforma e del Concilio di Trento, viene accettato il progetto proposto da Giovanni Battista Lantana. Questo progetto presenta una pianta a croce greca inscritta in un quadrato, con una grande cupola centrale e quattro cupole minori, simile a quello di Bramante per la basilica di San Pietro.

Tuttavia, altre controversie sorgono riguardo alla posizione della nuova cattedrale. Alcuni suggeriscono di costruirla sul lato sud della piazza, creando un effetto monumentale di gusto barocco, mentre altri vogliono demolire la basilica esistente per far posto al nuovo Duomo. 

La famiglia degli aristocratici bresciani proprietaria di una villa sita nella zona proposta per la costruzione (la famiglia Negroboni) però chiede in cambio della cessione del terreno e della demolizione della villa, la costruzione di una nuova residenza con un parco.

In più si sarebbe dovuto aggiungere il costo della restaurazione della basilica paleocristiana ormai cadente.

Dopo varie discussioni, si opta per la soluzione più economica: demolire l’antica basilica e costruire al suo posto il nuovo Duomo.

Ma la croce greca ancora non convinceva totalmente tutti quindi il Lantana propone un terzo e quasi definitivo progetto che prevede l’aggiunta di un ordine minore tuscanico oltre quello maggiore corinzio e una ulteriore cupola nell’abside, retta da contrafforti esterni intervallati da nicchie.

La cupola del Duomo vista dall'interno

LA POSA DELLA PRIMA PIETRA

La posa della prima pietra avviene nel 1604 ma l’inizio dei lavori non attenua le polemiche.

La rivalità maggiore é tra Pier Maria Bagnadore e il Lantana stesso e riguarda ancora principalmente la forma della pianta del duomo. Bagnadore voleva trasformarla in croce latina, mentre il Lantana preferiva mantenere la croce greca. 

Nonostante Bagnadore assuma l’incarico di direttore dei lavori con un progetto praticamente uguale a quello del Lantana ad eccezione dell’aggiunta di una campata ad ovest che trasformava di fatto la croce greca in croce latina, le polemiche non si fermano e i lavori non avanzano.

Alla fine, lo stesso Bagnadore tornerà ad un progetto a croce greca e riducendo a due le nicchie esterne. Nelle nicchie verranno inserite le statue dei santi Faustino e Giovita, tuttora presenti.

LA PESTE DEL SEICENTO

L’epidemia di peste del 1630 ebbe un impatto significativo sull’economia e sulla demografia del Nord Italia, mettendo a dura prova il cantiere del Duomo e causando un arresto quasi quarantennale nei lavori di costruzione. 

È interessante notare che il ripristino del cantiere nella seconda metà del Seicento fu reso possibile in parte proprio grazie alle eredità donate alla Chiesa da coloro che perirono a causa della peste, migliorando così le condizioni economiche della Diocesi di Brescia. Questo permise alla fabbrica di riprendere i lavori, anche se la crisi persisteva al di fuori del cantiere. Con la ripopolazione del cantiere, inizia la terza fase di costruzione del Duomo.

La navata centrale

LA CONCLUSIONE DEI LAVORI

Nel 1758 C’è un nuovo avvicendamento a capo del cantiere e a prenderne le redini della fabbrica, portando avanti importanti modifiche, subentra Giovanni Battista Marchetti.

La facciata subì ulteriori interventi per adattarla al gusto neoclassico, includendo l’aggiunta di un frontone triangolare  che sarà finalmente quello definitivo.

La cupola, elemento centrale del progetto sin dall’inizio, fu completata nel 1825 sotto la guida di Luigi Cagnola. Questa imponente struttura, con un diametro interno di 21 metri e esterno di 26 metri e un’ altezza complessiva di 64,29 m etri, posizionò la cupola del Duomo nuovo di Brescia al 3° posto in Italia dopo quella della basilica di San Pietro a Roma e Santa Maria del Fiore a Firenze.

La facciata del Duomo

ESTERNO

Il Duomo Nuovo di Brescia è un capolavoro architettonico che ha richiesto quasi due secoli per essere completato. La sua costruzione iniziò nel 1604 e si concluse nel 1825 con l’aggiunta della maestosa cupola.

La facciata del Duomo Nuovo è realizzata in marmo di Botticino e presenta una simmetria pronunciata. Si sviluppa su due ordini: Il livello inferiore, più ampio, contiene i due ingressi laterali, mentre quello superiore è principalmente decorativo, con un’altezza maggiore rispetto al soffitto effettivo della cattedrale. 

L’ordine architettonico predominante è il corinzio, mentre le basi sono tutte attiche.

Al centro della simmetria si trova il grande portale d’ingresso, con un frontone ad arco che ospita il busto del Cardinale Angelo Maria Querini, realizzato da Antonio Calegari nel 1750. Sul livello superiore, c’è un alto finestrone sormontato da un frontone triangolare. 

Il frontone principale della facciata è anch’esso triangolare e presenta lo stemma della città di Brescia, circondato dalle statue della Vergine Assunta e dei Santi Pietro, Paolo, Giacomo e Giovanni.

Nelle nicchie dell’abside si trovano le statue dei Santi Faustino e Giovita, opera di Antonio e Carlo Carra, mentre sulla porta laterale verso Via Querini è collocata una statua di San Giovanni Battista. Questi dettagli conferiscono alla facciata della cattedrale un forte valore simbolico e artistico, evidenziando la ricchezza storica e culturale della città di Brescia.

L'interno della chiesa

Interno

L’interno del Duomo Nuovo di Brescia evoca un’atmosfera di maestosità e bellezza sobria, con la sua pianta a croce greca e le pareti bianche che conferiscono un senso di grandiosità.

I dettagli architettonici, come il fregio a girali d’acanto lungo la cornice e le colonne scanalate con capitello corinzio, aggiungono eleganza e raffinatezza. L’uso dei fregi e delle rosette nei sottarchi e nella cupola aggiunge movimento e interesse visivo alla struttura.

Colpisce la pianta a croce greca, con un’unica navata che circonda l’ampio centro dell’edificio sormontato dalla cupola. Nonostante ciò, la profonda abside evidenzia un asse principale di simmetria, mantenendo l’impianto a croce greca in linea con le direttive della controriforma. 

L’ordine corinzio gigante della facciata si ripete all’interno, decorando coerentemente tutte le pareti e i sostegni della cupola. Quest’ultima poggia su un alto tamburo illuminato da ampi finestroni rettangolari, mentre quattro piloni ingentiliti da otto alte colonne libere, anch’esse di ordine corinzio, sostengono l’intera struttura, rivolte verso il vano centrale. 

Dal pavimento alla sommità della lanterna si raggiungono gli 80 metri di altezza. All’epoca della sua edificazione, era uno degli edifici religiosi più importanti d’Italia.

Ai quattro pennacchi sono apposti i busti in marmo degli evangelisti: San Giovanni e San Luca sono opera di Santo Calegari il Giovane, mentre San Marco e San Matteo sono del Carboni.

 

La statua dedicata a Paolo VI

MONUMENTO A PAOLO VI

Paolo VI, nato a Concesio nella provincia di Brescia, fu ordinato sacerdote nel Duomo Nuovo nel 1920 e divenne Papa nel 1963 fino al 1978. Nel 2014, Papa Francesco lo proclamò Beato. 

La città di Brescia ha sempre ricordato e onorato il suo legame con il Papa, dedicandogli la piazza antistante le due cattedrali e erigendo un monumento nel 1984, opera dello scultore Lello Scorzelli

L’opera raffigura Paolo VI nell’atto di aprire la porta santa all’inizio dell’anno giubilare nel 1974, un momento significativo per il pontefice. Il monumento presenta Paolo VI inginocchiato sulla soglia della porta santa, con dietro lastre di ardesia che mettono in risalto la sua figura dorata. 

Le due ante della porta bronzea mostrano scene della vita di San Paolo, mentre in alto è presente lo stemma del Papa. 

L’iscrizione in latino sul basso zoccolo di marmo nero del Belgio recita “PAULUS VI PONT. MAX. BRIXIENSIS”, sottolineando il legame speciale tra Paolo VI e la città di Brescia. 

STATUE DEL PRESBITERIO

Le sculture di San Filastrio e San Gaudenzio presenti  nel presbiterio, eseguite da Antonio Calegari su commissione del cardinale Querini sono state realizzate in pietra di Botticino nel 1739 e rappresentano due importanti figure della chiesa bresciana delle origini. 

Il cardinale Querini, impegnato nel recupero del profilo storico e spirituale di questi vescovi, desiderava che le statue fossero nobili, spiritose e naturali. Calegari conferì alle figure un’animazione e una vitalità straordinarie, con particolare enfasi sulle espressioni dei volti e delle mani.

Filastrio regge l’ampio piviale e indica con decisione la pala d’altare con l’Assunta, simboleggiando la fede, mentre Gaudenzio tiene il libro con i suoi scritti, rappresentando la dottrina. Le superfici delle statue sono mosse in uno stile barocco, con passaggi chiaroscurali che enfatizzano i dettagli dei tessuti, dei volti e delle mani.

L'altare maggiore con la Pala dell'Assunta

PALA DELL’ASSUNTA

La Pala dell’Assunta è davvero un capolavoro che mescola abilmente inventiva e uso del colore. Giacomo Zoboli si ispira all’Assunta del Moretto, ma aggiunge un tocco libero e dinamico, confrontandosi con i modelli emiliani dei Carracci e con composizioni “alla romana”. 

La disposizione degli apostoli nella parte bassa e la Madonna sorretta dagli angeli in volo nella parte alta conferiscono un senso di movimento e vitalità. Zoboli mostra una modernità nel taglio dei corpi degli apostoli e utilizza enfasi e colori accesi tipici del clima pittorico romano.

L’ARCA DI SANT’APOLLONIO

L’Arca di Sant’Apollonio era Inizialmente situata nella basilica costruita dal vescovo Apollonio stesso. le sue reliquie furono successivamente traslate in varie sedi ecclesiastiche prima di essere collocate nel Duomo Vecchio e infine nella nuova cattedrale nel 1674.

Il monumento, realizzato in pietra bianca, è adornato con dettagliati rilievi che raffigurano importanti episodi della vita di Sant’Apollonio, come la sua predicazione a Brescia e la sua morte. 

Sopra l’arca si erge un’edicola, che presenta una figura solenne del santo in abiti vescovili, mentre un fastigio incoronato dalla Madonna con il Bambino e due angioletti genuflessi sovrasta il tutto. Una lastra commemorativa ricorda il riposizionamento del monumento alla fine del XVII secolo.

CROCIFISSO LIGNEO

Il Crocifisso ligneo datato 1502, opera di Francesco Giolfino, è un capolavoro dell’intaglio e della policromia. 

Giolfino, proveniente da una rinomata bottega di scultori e intagliatori a Verona, stabilì una sua bottega  a Brescia, influenzando profondamente gli artisti locali. 

Il Crocifisso originariamente adornava la cattedrale paleocristiana di San Pietro de Dom e successivamente fu trasferito nella nuova chiesa, posizionato sull’altare a destra.

L’opera rivela chiari influssi tedeschi nelle sue tonalità drammatiche ed espressionistiche, ma mostra anche evidenti richiami al Rinascimento, evidenziati soprattutto dalla tensione del corpo di Gesù, che smorza il dramma ma ne accresce l’intensità. La sua bocca contorta dall’agonia e le guance consunte trasmettono un’intensità emotiva straordinaria.

Sebbene la cromia originale sia parzialmente conservata, alcune parti, come il sangue che sgorga dalla ferita al costato, sono state ritoccate in epoche successive.

Il pulpito dell'altare maggiore

Curiosità

Il Duomo Nuovo subì danni significativi a causa di un bombardamento aereo del 1944, che provocò danni al rivestimento in piombo della cupola e ai vetri delle finestre. Gli interventi di restauro successivi, soprattutto nel dopoguerra, hanno contribuito a preservare e ripristinare l’aspetto originale dell’edificio, sebbene alcune tracce dei danni subiti siano ancora visibili, come le scalfitture sulle pareti dell’abside.

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