Storia
Nella seconda metà del Quattrocento, i Gesuati fondarono la chiesa e il monastero che avrebbero caratterizzato il panorama spirituale di Brescia. In questo periodo infatti si vide un’espansione significativa dell’ordine, con la fondazione di numerosi conventi in tutta Italia, tra cui Milano, Roma, Livorno, Piacenza, Cremona e ovviamente Brescia stessa.
La data di inizio dei lavori può essere collocata nel 1467, grazie alla generosa donazione di terreni da parte della prestigiosa famiglia Martinengo, una delle più importanti della città.
La decisione di orientare la chiesa lungo l’asse nord-sud, in contrasto con la tradizione che preferiva l’asse est-ovest, fu determinata principalmente da ragioni pratiche. Il terreno sul quale sorse la struttura, situato sul pendio del Colle Cidneo, rendeva difficile l’avvio di un cantiere secondo la disposizione tradizionale. Anche seguendo l’asse nord-sud, fu necessario sbancare parzialmente il colle, e nonostante ciò, il pavimento dell’abside risultò situato a tre metri al di sotto del livello del suolo esterno. Inoltre la scelta dell’orientamento seguiva anche motivazioni prospettiche perche la direttrice da Via Piamarta e Via Veronica Gambara, permetteva la vista della facciata della chiesa anche dall’’incrocio con Via Tosio Martinengo, alla distanza considerevole di quattrocento metri.
La chiesa fu consacrata nel 1501 e divenne chiesa gentilizia e luogo di sepoltura della famiglia Martinengo. Nonostante avesse già preso forma, la chiesa era ancora coperta da un tetto a capriate con travi a vista.
Nel 1565 , grazie a Fra Benedetto da Marone, pittore dei Gesuati, si cominciano a realizzare grandi cambiamenti all’interno della chiesa in vista di un nuovo progetto iconografico. Le capriate a vista del soffitto vengono coperte con una volta a costoloni e il tutto, assieme alle pareti, al presbiterio e all’abside, viene ricoperto con un vasto ciclo di affreschi. Il tema dominante é quello della salvezza che si attua attraverso il Corpo e il Sangue di Cristo, tema particolarmente sentito dalla spiritualità dei Gesuati.
Anche il Romanino contribuisce alla decorazione della chiesa, realizzando un polittico per l’altare maggiore, andato perduto , e un affresco dell’Ultima Cena nel refettorio del monastero.
Nella prima metà del Cinquecento viene anche realizzato il grande Mausoleo Martinengo che fu allora collocato sulla parete sinistra della navata e che invece oggi è oggi conservato nel coro delle monache del Museo di Santa Giulia.
Nel Seicento, per l’aumento delle vocazioni e la maggiore richiesta di celebrazioni fu affidato a Pietro Maria Bagnadore, architetto e pittore manierista, autore di numerose e importanti opere nel panorama cittadino, un grande progetto di ampliamento della chiesa cui furono aggiunte le tre grandi cappelle sul lato est, decorate con tele da lui stesso dipinte.
L’ordine dei Gesuati venne soppresso, con bolla di Papa Clemente IX il 7 dicembre 1668, lasciando il monastero privo di amministrazione. Il 7 giugno 1669, sei mesi dopo la soppressione dei Gesuati, il complesso viene occupato dall’Ordine dei Frati Minori francescani che lo avevano acquistato dalla Repubblica di Venezia.
I Francescani restano fino al 1810 quando, in seguito alle soppressioni napoleoniche, l’ordine viene abolito e il convento sequestrato, trasformandosi in proprietà demaniale. Il complesso continuó ad ospitare i religiosi che non avevano più familiari disposti ad accoglierli dopo la secolarizzazione dei conventi, l’ultimo dei quali fu Padre Arcangelo, ucciso per errore da un soldato croato durante le Dieci Giornate di Brescia nel 1859. La chiesa, invece, non fu mai secolarizzata poiché vi operavano due sacerdoti nominati direttamente dal vescovo.
Dopo la fine delle guerre napoleoniche, il governo austriaco cede il complesso al vescovo Gabrio Maria Nava. Quest’ultimo vi trasferisce parte del Seminario. Ma nel corso delle battaglie contro il dominio austriaco nella metà dell’Ottocento, il monastero viene occupato più volte dai soldati e saccheggiato. La sua posizione strategica sul pendio del colle lo rende vulnerabile ai bombardamenti, rischiando danni durante i conflitti. Dopo la battaglia di San Martino e il grande afflusso di feriti, la chiesa del Santissimo Corpo di Cristo, come molte altre in città, viene trasformata in ospedale. Nel 1870, monsignor Pietro Capretti sposta l’Ospizio dei chierici poveri, precedentemente situato nell’attuale Corso Matteotti, al monastero di San Cristo.
Il monastero viene ceduto ai Padri Saveriani nel 1957 mentre la chiesa è data loro in uso perpetuo, conservandone il Seminario la proprietà.